Il genitore dell’alunno che denigra l’insegnante, criticando i suoi metodi educativi ed offendendo la sua reputazione, è tenuto a risarcire il danno alla docente, la cui quantificazione dovrà tener conto di tutti i disagi e le conseguenze negative subite da quest’ultima. La Corte di Cassazione con la Ordinanza Num. 9059 Sez. 3 Civile pubblicata il 12/4/2018 si pronuncia sui principi sostanziali e processuali che devono presidiare il giudizio di responsabilità per i danni provocati all’insegnante accusato ingiustamente di comportamenti gravi nei confronti dei bambini. accogliendo il ricorso di un’insegnante di scuola elementare che aveva chiesto di essere risarcita dei danni da lei patiti a seguito della condotta gravemente diffamatoria ripetutamente tenuta da un genitore nei suoi confronti.
I FATTI
L’ insegnante di scuola elementare, era stata ingiustificatamente e violentemente contestata dal genitore di un alunno.
A seguito delle accuse, rivelatesi poi ingiustificate, era stata sottoposta procedimento penale per i reati di maltrattamenti e lesioni personali – reati da cui sarebbe stata poi assolta per insussistenza del fatto. L’insegnante era stata sottoposta anche alla misura interdittiva della sospensione dal pubblico servizio; e delle vicende era stato dato ampio risalto anche da parte della stampa locale.
Dimostrata la infondatezza delle accuse l’insegnante citava in giudizio il genitore per i danni sopportati. il Tribunale di Pisa rigettò la domanda di risarcimento , ritenendo carente la prova del comportamento illecito, lesivo della reputazione dell’insegnante.
Ritenne, in particolare, il primo giudice che, “non avendo l’attrice intimato i testi ammessi, gli unici indizi erano desumibili dagli atti del procedimento penale instaurato nei confronti della stessa insegnante”, opinando poi che, da tali atti, non fossero emersi indizi gravi precisi e concordanti relativamente al comportamento del genitore.
La decisione è stata confermata dalla Corte di Appello di Firenze, con sentenza n. 1729de1 21 ottobre 2014.
Il giudice di appello ha ritenuto legittima la declaratoria, pronunciata in prime cure, di decadenza dell’insegnante dalla prova testimoniale ammessa “per non essere stati poi citati ritualmente i testi per l’udienza, trattandosi “di vizio processuale rilevabile d’ufficio alla stregua del combinato disposto dell’art. 104 disp. att. c.p.c. e dell’art. 208 c.p.c. come modificato dall’art. 26 1. 353/1990”.
LA DECISIONE
La cassazione afferma sul punto il principio di diritto processuale secondo il quale la mancata intimazione dei testi non comporta la decadenza dal diritto di assunzione della prova tutte le volte che la relativa udienza abbia avuto il solo scopo di rinviare ex officio la causa (nella specie, per assenza del giudice istruttore titolare del procedimento).
Secondo la suprema corte la corretta applicazione della regola processuale è importante perché avrebbe inevitabilmente condotto a dimostrare che la condotta denigratoria ascritta al genitore ebbe a dipanarsi attraverso una serie di atti e comportamenti univocamente e pervicacemente intesi a ledere l’onore, il prestigio e la stessa dignità dell’insegnante.
Le conseguenze, gravissime, della condotta tenuta del genitore, tra cui l’essere stata l’insegnante sottoposta a visita psichiatrica; l’essere stata imputata di gravi reati; l’essere stata sospesa dal servizio; l’essere stata trasferita ad altra sede – accuse tutte poi dissolte in una pronuncia del giudice penale di insussistenza dei fatti contestati non sono scriminate né sminuite, né dalla circostanza che anche altri, avrebbero contribuito alla verificazione degli eventi , né dalla accertata diacronia delle condotte – il cui dipanarsi nel tempo costituisce non una scriminante ma, di converso, un aggravante della condotta stessa – né tantomeno “dall’ormai conclamata dimensione collettiva e pubblica” dei fatti, ovvero dalla “autonoma risonanza” che la vicenda avrebbe assunto con lo scorrere del tempo.
La valutazione dei fatti di causa, secondo un percorso ricostruttivo condotta causalità-evento-danno non avrebbe potuto che concludersi nella affermazione della responsabilità risarcitoria del genitore responsabile di aver violato la reputazione, l’onore, la stessa dignità dell’insegnante, così ledendo valori e principi di rango sia costituzionale che sovranazionale.
La decisione offre un principio di consapevolezza sociologica a tutela degli insegnanti, affermando che il giudice civile, nella valutazione e liquidazione del quantum debeatur, non può e non deve ignorare, […] il preoccupante clima di intolleranza e di violenza, non soltanto verbale, nel quale vivono oggi coloro cui è demandato il processo educativo e formativo delle giovani e giovanissime generazioni.
I giudici di cassazione, quindi, ritenuta provata l’esistenza fatto illecito rinviano al giudice di merito la liquidazione del danno sul piano equitativo, valutando tutte le circostanze emerse nel corso del giudizio, che hanno inevitabilmente cagionato un grave e duraturo sentimento, sul piano sia emotivo che relazionale, di disistima, di vergogna e di sofferenza nel soggetto leso.
Link e documenti:
Cass. Ord. N. 9059 del 12/4/2018 (Italgiure)
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