I DUBBI SULLA ATTENDIBILITA’ DELLE MISURAZIONI TRAMITE ETILOMETRO

etilometro

Il tribunale di Padova nella sentenza n. 856/2021  mette in dubbio i fattori di conversione utilizzati per verificare, dal fiato, la presenza di alcol nel sangue, nonché le verifiche effettuate dal CSRPAD (Centro Superiore Ricerche Prove Autoveicoli e Dispositivi)


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Il caso:  La misurazione del tasso alcolemico

Il Tribunale di Padova, assolve  per mancanza di prova l’imputato accusato della violazione dell’art. 186, comma 1, lett c), e comma 2-sexies del Codice della Strada per essersi messo alla guida del motociclo in stato di ebbrezza conseguente all’uso di sostanze alcoliche.

All’esito di due prove, l’accertamento effettuato con etilometro aveva dato come esito 1,65 g/l e 1,67 g/l.

La difesa aveva evidenziato che il moltiplicatore  utilizzato per calcolare il tasso rilevato dall’etilometro presenta problemi riguardanti la misurazione dell’alcolemia sangue partendo dalla misurazione del campione analitico presente nel fiato di un guidatore.

I motivi: l’incertezza sui fattori di conversione

In materia di guida in stato di ebbrezza, gli accertamenti dello stato alcolemico effettuati tramite etilometro, sorgono dubbi in ordine ai fattori di conversione utilizzati per verificare tramite “fiato” la concentrazione di alcol disciolto nel sangue.

Le incertezze riguardano il fatto che i fattori di conversione variano da individuo a individuo e da momento a momento.

Ciò porta a dubitare che il rapporto di conversione adottato rappresenti correttamente la situazione personale del conducente che al test è sottoposto.

Inoltre, il Centro Superiore Ricerche e Prove Autoveicoli e Dispositivi dovrebbe conservare la documentazione delle prove primitive e periodiche effettuate sui modelli di etilometro.

A tal proposito, viene applicata all’alcol disciolto nel sangue la c.d. legge di Henry, relativa alle interazioni tra soluti e solventi, la quale viene accettata basandosi sul fatto che il sangue presente nei capillari degli alveoli polmonari permette all’alcol, se presente nel sangue, di transitare nell’aria degli stessi alveoli.

Il perito della difesa evidenzia come da esperimenti eseguiti risulta che come i singoli fattori di conversione variano da un minimo di 1004/1 fino a un massimo di 7289/1, mentre le rispettive medie sono comprese tra 1307/1 e 3478/1. Nell’ambito di questo range, l’Italia ha fissato il rapporto di conversione a 2300/1.

Spiega il giudice, quindi,  che questo fattore di conversione non solo varia da individuo a individuo, ma anche nello stesso individuo da momento a momento. In particolare, esso rimane al di sotto del valore di 2100/1 durante la fase di assorbimento dell’alcol e lo supera durante la fase di eliminazione.

Ancora, osserva il Tribunale, molte delle condizioni necessarie all’applicazione della legge di Henry non possono sempre ritenersi rispettate nell’ambito degli esami eseguiti sul conducente. Il valore del fattore di conversione (2100/1 o 2300/1 per l’Italia) è stato determinato da un esperimento eseguito con alcol e acqua ad una temperatura costante di 34°C. Tuttavia, “l’alcol differisce dall’acqua e la temperatura dei sangue negli alveoli varia da 35.8°C a 37.2°C.

Questo intervallo può ancora dilatarsi a seguito di ipertermia o ipotermia dovuta a febbre, infezioni, esercizio fisico, uso di medicine, ecc. Un’ulteriore incertezza nasce dalla presunzione che il soggetto a cui e stato esaminato il fiato sia in fase di post-assorbimento dell’alcol”.

Tali considerazioni inducono a ritenere che il rapporto di conversione adottato, seppur legittimo sulla base dei dati riportati, non rappresenti correttamente la situazione personale del conducente a cui vi è sottoposto, in quanto “il risultato può dipendere da condizioni personali e variabili che non costituiscono una costante scientifica indubitabile, ma che può presentare anomalie e risultati fuorvianti con conseguente inattendibilità del dato emergente dallo strumento”.

Il parametro di conversione riguarda non lo strumento in sé, ma quanto legislativamente stabilito e non consente con chiarezza l’effettiva precisione del risultato dato dall’etilometro. E questo emerge ancor più chiaramente se si pensa che, in Italia, il fattore di conversione è 2300/1, mentre in Francia e Regno Unito è pari a 2100/1 e in Svizzera a 2000/l.

Pertanto, il Tribunale ritiene che “non vi è dubbio che questo comporti un’evidente anomalia che fa ritenere che lo stesso non sia una misura scientificamente corretta e certa dell’alcolemia con conseguente inattendibilità del dato”.

Tale conclusione conduce a ritenere inutilizzabile il dato acquisito e alla conseguente assoluzione dell’imputato per mancanza della prova della sussistenza del reato.

Le verifiche effettuate dal CSRPAD (Centro Superiore Ricerche Prove Autoveicoli e Dispositivi)

Il magistrato veneto si sofferma sulla assenza di documentazione relativa ai controlli svolti dal CSRPAD, ovvero l’ente incaricato della omologazione del tipo di apparecchiatura utilizzata per i controlli.

Nel procedimento di omologazione, il prototipo viene sottoposto alle verifiche e prove previste dal Decreto Ministeriale n. 196 del 22 maggio 1990 (pubblicato sulla G.U. n. 171 del 24 luglio 1990). Quando l’omologazione è concessa, il Costruttore certifica per ciascun etilometro prodotto, con specifica dichiarazione a firma di legale rappresentante e per ciascuna matricola di ciascun etilometro, la conformità al tipo omologato.

Scrive il giudice che la relativa documentazione costituisce elemento essenziale per permettere a chiunque vi abbia interesse di procedere alla verifica di quanto svolto da un soggetto pubblico, a prescindere dal fatto che una norma imponga tale onere, questo in particolar modo nei casi in cui le prove effettuate investano indirettamente o direttamente la responsabilità penale di una persona. A tal fine, non si ritiene sufficiente la mera compilazione del libretto metrologico se difetta di correttezza, come avvenuto nel caso di specie.

Nel caso esaminato, osservando il libretto metrologico acquisito del modello di etilometro utilizzato, emergono una serie di irregolarità nella verifica primitiva in quanto i valori riportati risultano del tutto al di fuori degli intervalli e scostamenti indicati dall’allegato al D.M. n. 196/1990.

I valori emersi appaiono al sotto il limite di tolleranza indicata e, quindi, non dovevano essere avallati e l’apparecchio sarebbe dovuto essere ritirato, cosa mai avvenuta. Per il magistrato tale irregolarità inficia a maggior ragione le misure eseguite in seguito, facendo dubitare della correttezza ed effettività delle verifiche e sull’attendibilità delle misurazioni effettuate da quell’apparecchio.

Tale inattendibilità, comporta che  mancando  un elemento probatorio essenziale a sostegno dell’imputazione e il giudice pronuncia all’assoluzione perché manca la prova che il fatto sussista.

Sentenza tribunale di Padova n. 856/2021  



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