La Corte di Cassazione con la Ordinanza n. 23754/2018 si pronuncia in merito alla risarcibilità del danno non patrimoniale causato ai condomini da immissioni illecite.
In particolare i proprietari e inquilini di un edificio lamentavano le molestie causate da fumi, il calore e odori trasmessi attraverso un canna fumaria di un ristorante, posta lungo la facciata dell’edificio in violazione anche delle norme in materia di distanze.
Svolta la CTU, il Tribunale accoglieva il ricorso ordinando l’immediata rimozione della canna fumaria e, successivamente, disponeva la condanna della resistente al pagamento del risarcimento del danno non patrimoniale in favore dei richiedenti. Respinto il ricorso in appello, la convenuta ricorreva in Cassazione, che respingeva il ricorso.
Infatti La Suprema Corte ha applicato i principi già espressi in altre occasioni, secondo i quali, , è prevalente il soddisfacimento dell’interesse ad una normale qualità della vita rispetto alle esigenze della produzione, anche se in concreto, non è stato superato il limite della normale tollerabilità.
Afferma la Corte, riprendendo un principio affermato dalle sezioni Unite (Cass. S.U. n. 2611/2017) “l’assenza di un danno biologico documentato non osta al risarcimento del danno non patrimoniale conseguente ad immissioni illecite, allorchè siano stati lesi il diritto al normale svolgimento della vita familiare all’interno della propria abitazione ed il diritto alla libera e piena esplicazione delle proprie abitudini di vita quotidiane, quali diritti costituzionalmente garantiti, nonchè tutelati dall’art. 8 della Convenzione Europea dei diritti dell’uomo, la prova del cui pregiudizio può essere fornita anche con presunzioni”
Precisa la Corte che le norme che stabiliscono i limiti di accettabilità delle immissioni, nell’interesse pubblico, operano nei rapporti cd. verticali fra privati e la pubblica amministrazione, per garantire alla collettività, il rispetto di livelli minimi di quiete, per cui il superamento dei limiti di rumore stabiliti dalle leggi e dai regolamenti che disciplinano le attività produttive è, senz’altro, illecito.
Tuttavia la disciplina delle immissioni moleste in “alienum” nei rapporti fra privati va rinvenuta, infatti, nell’art. 844 c.c., alla stregua delle cui disposizioni, quand’anche dette immissioni non superino i limiti fissati dalle norme di interesse generale, il giudizio in ordine alla loro tollerabilità va compiuto secondo il prudente apprezzamento del giudice che tenga conto delle particolarità della situazione concreta.
Link e Documenti:
Cassazione Ordinanza n. 23754 del 1/10/2018
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