SWAP: IL CLIENTE DEVE ESSERE INFORMATO SUL VALORE DEL MARK TO MARKET

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Nei contratti di IRS (Interest Rate Swap) la mancata conoscenza dell’alea, o del MtM,  producono la nullità del negozio, per mancanza di causa  o per indeterminatezza dell’oggetto. La mancata esplicitazione del modello matematico di pricing e del market to market rende arbitraria la liquidazione degli importi richiesti a titolo di corrispettivo del recesso, proprio perché siffatta liquidazione appare il frutto di una quantificazione unilaterale da parte dell’intermediario, del tutto slegata da criteri predeterminati nei contratti.

La corte d’appello di Milano, con sentenza n. 4242 del  25 settembre  2018 ha applicati i principi già enunciati in varie pronunce della Corte di Cassazione,  ed ha confermato la nullità del contratto di swap, considerato che, pur essendo  pacifica la natura aleatoria dei contratti di swap, è altrettanto indubbio che il rischio deve essere tecnicamente misurabile, sulla base di criteri e di modelli che il contratto  deve richiamare testualmente.

In primo grado il Tribunale di Milano aveva emesso  sentenza  con cui, in accoglimento delle domande attoree, dichiarava la nullità del contratto di IRS “Tasso Certo” per indeterminabilità dell’oggetto, dichiarando altresì liberato dall’obbligo di garanzia il fideiussore per invalidità dell’obbligazione principale, condannando l’intermediario alla restituzione dei differenziali incassati in esecuzione del contratto.

Anche secondo i giudici di appello Il mark-to-market – inteso come il valore probabilistico che ex ante si assegna al differenziale a scadenza del derivato, calcolato sulla base di determinati criteri – costituisce un elemento essenziale del contratto, configurandosi come il suo oggetto, dato che, tra l’altro, esso coincide con coincide con il fair value iscrivibile in bilancio ai sensi dell’art. 2427 bis c.c.  Ne deriva, pertanto che la buona fede contrattuale impone che tale fair value sia chiaramente dichiarato o, quantomeno, determinabile in base a criteri oggettivi.

Invalida  è,  inoltre,  la clausola che riserva alla Banca la facoltà di rilevare il valore corrente di mercato di ciascun contratto calcolato secondo criteri generalmente accolti nel mercato medesimo (il “Costo di sostituzione” o “Mark-to-Market)”. Tale clausola, secondo il collegio di Milano, introduce  un criterio di calcolo ‘uso piazza’ che, ammesso possa essere effettivamente applicato e condiviso, violerebbe il divieto di riferimento ad usi, sancito, appunto  dall’art. 23, comma 2, TUF.

Link e documenti:
Corte d’appello di Milano  sentenza 4242 del 25/9/2018


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