La quantificazione del risarcimento per la perdita del congiunto

Danno da lesione del rapporto parentale: la replica del Tribunale di Milano alla Cassazione

Con sentenza del  7 luglio 2021, il Tribunale di Milano prende le distanze dalla sentenza con cui la terza sezione civile della Cassazione aveva ritenuto inadatto, ai fini della liquidazione del danno da perdita del rapporto parentale, il meccanismo dalle tabelle milanesi, che prevede l’individuazione del quantum entro un range di valori prestabilito per alcune categorie di relazioni intercorrenti con la persona scomparsa.

Nella sentenza di Milano si afferma che in attesa che l’Osservatorio pervenga ad una soluzione “a punti” della questione del danno parentale, le argomentazioni della Cassazione, possono essere superate attraverso un regime transitorio fondato sui parametri delineati dalla tabella milanese, che, peraltro sarebbero gli stessi fondamenti del sistema “a punto”, “della cui applicazione e considerazione dovrà darsi adeguatamente ed analiticamente conto nella motivazione della decisione del giudice di merito, così da consentire un sindacato sulla discrezionalità rimessa al giudice in sede di liquidazione del danno”.

La Cassazione Civile sollecitava , anche per la fattispecie del danno parentale, l’adozione di un tabella “a punti”, come quella in uso presso il Tribunale di Roma, in quanto, quella milanese che riportava soltanto dei minimi e massimi a seconda del grado di parentela lasciando poi al Giudice il compito di stabilire “equitativamente”, a seconda di diverse fattispecie,  tutte da provare dal richiedente (convivenza, età della vittima, età del superstite, ect.), quale fosse la cifra adeguata per la liquidazione del risarcimento.

Il caso giudiziario: la responsabilità civile e la domanda di risarcimento con il concorso di colpa.

Per il sinistro stradale che aveva visto il decesso del conducente, i congiunti chiedevano la liquidazione del danni iure proprio e iure hereditatis.
L’assicurazione replicava che l’evento fu determinato esclusivamente dalla condotta di guida il quale procedendo ad una velocità di 59km/h circa, giunto
all’altezza del tratto curvilineo della carreggiata – per cause dovute alla velocità di marcia tenuta ovvero alla posizione non corretta su una carreggiata dalle caratteristiche più sopra descritte invadeva la porzione di corsia opposta di marcia, cagionando il successivo impatto contro l’autovettura che procedeva in senso opposto.
Nel procedimento penale, , secondo quanto emerso dai risultati della consulenza tecnica, la conducende dell’autovettura veniva completamente scagionata da imputazioni, avendo tenuto una condotta di guida improntata al pieno rispetto delle norme sulla circolazione stradale.
Per il risarcimento del danno da perdita parentale, i congiunti richiedono, con la domanda in sede civile, il riconoscimento del concorso almeno nella misura del 50%.
In effetti come  osserva il giudice, l’archiviazione (come la sentenza di non luogo a procedere pronunciata all’esito della udienza preliminare e quella di proscioglimento a seguito del dibattimento) non determina, di per sé, il
rigetto delle pretese civili relative al fatto illecito: una medesima circostanza, infatti, può non costituire illecito penale ma, al contempo, ben essere sussumibile nell’ambito d’applicazione dell’illecito civile.

E in effetti – scrive il giudice – Alla luce delle risultanze probatorie in atti, la responsabilità per il sinistro di cui è causa non può ritenersi riconducibile in via esclusiva ad uno dei due conducenti, né tantomeno può essere determinata la misura della stessa attribuibile ad oguno nella produzione dell’ evento dannoso.
Nel caso di specie, invero, non risulta superata la presunzione di cui all’art. 2054, 20 comma, c.c., che opera sino a quando non sia fornita una prova contraria che possa consentire di stabilire con certezza il grado di responsabilità di ciascuno dei soggetti coinvolti (si veda in merito Cass Sez. 3, Ordinanza n. 9353 del 04/04/2019)

Sulla quantificazione del danno non patrimoniale da perdita del rapporto parentale:

Il giudice evidenzia che per danno da perdita del rapporto parentale si deve intendere quel pregiudizio, subito dal prossimo congiunto, che va ad incidere tanto sul profilo della sofferenza interiore soggettiva, quanto sul piano dinamico-relazionale (Cass. n. 28989/2019).

Prosegue il giudice osservando che: in mancanza di parametri di quantificazione analitica, il danno da perdita del rapporto parentale, cosi come altre ipotesi di danno non patrimoniale, è liquidabile esclusivamente mediante il ricorso a criteri equitativi a norma del combinato disposto degli arti. 1226 e 2056 c.c.
Proprio per assicurare l’esigenza di uniformità di trattamento in situazioni analoghe e, quindi, di certezza del diritto, sono state predisposte delle Tabelle – prima di origine pretoria, poi anche di produzione legislativa – che individuano parametri uniformi per la liquidazione del danno non patrimoniale.

Il giudice di Milano richiama, quindi, la giurisprudenza di cassazione (Cass. n. 10579/2021) che avalla l’ adozione del sistema del punto variabile, il quale consente di pervenire ad una “conversione della clausola generale in una pluralità di ipotesi tipizzate risultanti dalla standardizzazione della concretizzazione giudiziale della clausola di valutazione equitativa del danno.

Osserva però il giudice di Milano come la sentenza di Cassazione , “pur nella consapevolezza dell’impatto del suo
dictum, manchi di fornire espresse indicazioni in merito al regime transitorio da adottare: invero, la Corte si è limitata a disciplinare l’ipotesi in cui il giudice di merito si discosti dalla tabella a punto variabile e non invece l’ipotesi in cui manchi una tabella che fornisca i parametri di quantificazione del danno.”  

In pratica  la soluzione proposta dalla Corte di Cassazione non è affatto appagante in quanto presuppone l’esistenza di una tabella a punto variabile, allo stato inesistente. All’interno dei minimi e massimi individuati dalle Tabelle milanesi potrà procedersi alla individuazione concreta del quantum risarcitorio.

Tribunale di Milano sentenza del  7 luglio 2021


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