PRONUNCIA DELLA CASSAZIONE A S.U. SULLA VALIDITÀ DELLE CLAUSOLE “CLAIMS MADE”

Clausole claims made

Le Sezioni Unite, con la  sentenza 24 settembre 2018, n. 22437, prendono posizione affermando la validità delle clausole “on claims made basis”,  cioè quelle clausole in cui la copertura è condizionata alla circostanza che il sinistro venga denunciato nel periodo di vigenza della polizza,  o in un delimitato arco temporale successivo.
La Corte ritiene che tale modello di assicurazione è partecipe del tipo dell’assicurazione contro i danni, quale deroga consentita all’art. 1917, comma 1, c.c., non incidendo sulla funzione assicurativa il meccanismo di operatività della polizza legato alla richiesta risarcitoria del terzo danneggiato comunicata all’assicuratore. Ne consegue che, rispetto al singolo contratto, non si impone un controllo di meritevolezza degli interessi ai sensi dell’art. 1322, comma 2, c.c., ma la tutela invocabile dal contraente assicurato può investire, in termini di effettività, diversi piani, dalla fase che precede la conclusione del contratto sino a quella dell’attuazione del rapporto, con attivazione dei rimedi pertinenti ai profili implicati.

Il ricorso in Cassazione, nel caso di specie poneva  il problema di stabilire se, nell’assicurazione della responsabilità civile, sia consentito alle parti ricomprendere nella nozione di sinistro, non solo ai fini del pagamento dell’indennizzo ma anche a tutti gli altri fini contrattuali, eventi differenti dalla mera causazione di un danno a terzi da parte dell’assicurato, come la richiesta di risarcimento all’assicurato-responsabile.

La Corte esamina la normativa in materia di adeguatezza dei prodotti assicurativi alla luce della normativa contenuta nel codice delle assicurazione pronunciandosi anche sulle conseguenze civilistiche in caso di distribuzione di prodotti inadeguati.

Il fatto oggetto del giudizio riguarda un rapporto di garanzia intercorrente tra la una ditta chiamata in causa per un sinistro ed il suo assicuratore della responsabilità civile. In virtù della  “clausola claims made” l’assicuratore si era obbligato a tenere indenne l’assicurato non già per i danni da questi causati a terzi nel periodo di vigenza del contratto, ma per i danni il cui risarcimento fosse stato richiesto all’assicurato durante il periodo di efficacia della polizza.
Poiché il terzo danneggiato  aveva avanzato le proprie pretese successivamente alla scadenza della prima polizza  occorreva far riferimento alla seconda polizza che però vedeva una franchigia più alta. Da qui l’interesse del cliente a ritenere operante la prima polizza.

Il giudizio di primo grado si conclude con la sentenza del Tribunale  che accoglie la domanda risarcitoria e dichiarò nulla, ai sensi dell’art. 1341 c.c., la clausola claims made, accogliendo di conseguenza la domanda di garanzia nei confronti della assicurazione.

La Corte di Appello  accoglieva l’appello principale dell’assicurazione e rigettava quelli incidentali, affermando che la clausola claims made non rendeva nullo il contratto ai sensi dell’art. 1895 c.c. e che neppure poteva ritenersi vessatoria, non avendo come effetto quello di restringere la responsabilità dell’assicuratore, ma solo di delimitare

La Terza Sezione, nell’ordinanza di rimessione alle Sezioni Unite, ha chiesto alla Suprema Corte di pronunciarsi sui seguenti principi:
– nell’assicurazione contro i danni non è consentito alle parti elevare al rango di “sinistri” fatti diversi da quelli previsti dall’art. 1882 c.c., ovvero, nell’assicurazione della responsabilità civile, da quelli previsti dall’art. 1917, comma primo, c.c.
– nell’assicurazione della responsabilità civile deve ritenersi sempre e comunque immeritevole di tutela, ai sensi dell’art. 1322 cc., la clausola la quale limiti l’indennizzo non già in base alle condizioni contrattuali vigenti al momento in cui l’assicurato ha causato il danno, ma in base alle condizioni contrattuali vigenti al momento in cui il terzo danneggiato ha chiesto all’assicurato di essere risarcito, c.d. clausola claims made.

La Corte ritiene di dare una risposta unitaria ai due quesiti, escludendo che la clausola possa essere dichiarata vessatoria ai sensi dell’art. 1341 e necessiti pertanto di specifica sottoscrizione, e afferma che:
«II modello dell’assicurazione della responsabilità civile con clausole “on claims made basis”, che è volto ad indennizzare il rischio dell’impoverimento del patrimonio dell’assicurato pur sempre a seguito di un sinistro, inteso come accadimento materiale, è partecipe del tipo dell’assicurazione contro i danni, quale deroga consentita al primo comma dell’art. 1917 c.c., non incidendo sulla funzione assicurativa il meccanismo di operatività della polizza legato alla richiesta risarcitoria del terzo danneggiato comunicata all’assicuratore. Ne consegue che, rispetto al singolo contratto di assicurazione, non si impone un test di meritevolezza degli interessi perseguiti dalle parti, ai sensi dell’art. 1322, secondo comma, c.c., ma la tutela invocabile dal contraente assicurato può investire, in termini di effettività, diversi piani, dalla fase che precede la conclusione del contratto sino a quella dell’attuazione del rapporto, con attivazione dei rimedi pertinenti ai profili implicati, ossia (esemplificando): responsabilità risarcitoria precontrattuale anche nel caso di contratto concluso a condizioni svantaggiose; nullità, anche parziale, del contratto per difetto di causa in concreto, con conformazione secondo le congruenti indicazioni di legge o, comunque, secondo il principio dell’adeguatezza del contratto assicurativo allo scopo pratico perseguito dai contraenti; conformazione del rapporto in caso di clausola abusiva (come quella di recesso in caso di denuncia di sinistro)».

Link e documenti:
Cassazione a Sezioni Unite,  sentenza 24 settembre 2018, n. 22437


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