Separazione: l’addebito non implica necessariamente l’obbligo del mantenimento.

l'addebito non implica automaticamente il diritto all'assegno di mantenimento.

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La non addebitabilità della separazione al coniuge richiedente e l’addebito all’altro, non determinano automaticamente il riconoscimento dell’assegno di mantenimento in suo favore. In tal senso si è pronunciata la Corte di Cassazione nell’ordinanza n. 22704/2021.

Il caso: La Corte di Appello di Roma riformava parzialmente la sentenza pronunciata dal Tribunale di Roma in sede di separazione personale tra i coniugi Tizio e Caia e in particolare dichiarava l’addebito della separazione al marito e confermava che nessun assegno era dovuto da Tizio a titolo di contributo al mantenimento a favore della moglie, lasciando immutate le altre statuizioni, compresa l’assegnazione della casa coniugale alla moglie.

Caia ricorre in Cassazione, denunciando nullità della sentenza per violazione e falsa applicazione dell’art.156cc in riferimento all’art. 360 comma 1 nr.5 cpc per avere la Corte di Appello, in riforma della sentenza di primo grado, addebitato la separazione al marito ( in quanto il matrimonio era fallito a causa della relazione extraconiugale del marito) e ciò nonostante non aveva riconosciuto alla moglie alcun assegno, pur esistendo una disparità delle situazioni economiche dei coniugi.

Per la Cassazione le censure sono inammissibili: si osserva che:

a) la non addebitabilità della separazione al coniuge richiedente, e l’addebito all’altro, non determinano automaticamente il riconoscimento dell’assegno di mantenimento in suo favore, dovendo concorrere anche gli altri presupposti, previsti dall’ art. 156 c.c., costituiti dalla mancanza, per il beneficiario, di adeguati redditi propri e nella sussistenza di una disparità economica fra i due coniugi;

b) in tema di separazione personale dei coniugi, ai fini dell’accertamento del diritto all’assegno di mantenimento e della sua determinazione occorre in ogni caso considerare la complessiva situazione di ciascuno dei coniugi e, quindi, tener conto, oltre che dei redditi in denaro, di ogni altra utilità economicamente valutabile, ivi compresa la disponibilità, della casa coniugale;

c) nel caso in esame, la ricorrente svolge attività lavorativa di funzionario giudiziario e percepisce come stipendio la somma mensile di euro1.875,00 con trattenuta mensile di euro 204,00 per un prestito INPDAP; la ricorrente è poi assegnataria della casa coniugale; il marito, a sua volta, pur godendo di uno stipendio di 8.300,00 euro deve pagare un canone di locazione oltre a far fronte alle spese del mutuo della casa coniugale ed alle rate di un prestito contratto per la sistemazione del proprio attuale alloggio; provvede inoltre al pagamento degli studi universitari dei figli ed alle loro esigenze nella misura di 600,00 euro al mese per ciascuno più metà delle spese straordinarie.

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